Il futuro della professione di Make Up Artist: dall'inquadramento all'apertura di un Make Up Studio


Professione Make Up Artist - Diventare Truccatore - Aprire Partita Iva - Aprire un Make Up Studio

Una overview sul panorama attuale del mestiere di Make Up Artist in Italia. - A cura di Michela Zitoli


Make Up Artist: da sogno a realtà

Quello di diventare Make Up Artist è un sogno che nasce da una passione profonda che affonda le proprie radici nell'amore non solo per la bellezza e l'arte, ma anche nella sensibilità, nella capacità empatica personale e nell'attitudine creativa che caratterizza ogni truccatore ed ogni truccatrice.

Questo è un mestiere che viene visto come una possibilità di catarsi lavorativa dai make up addicted che puntano a realizzare questo sogno, ovvero come la conquista di uno status professionale che eleva la persona, magicamente, ad artista, portandolo a fare quel lavoro che "se lo ami non lavorerai mai un giorno nella tua vita", che ti dà modo di organizzare gli impegni in modo totalmente libero e che ti porta a pensare che le clienti, una volta visti i miglioramenti che sei in grado di apportare sull'immagine di una persona, ti chiameranno per fissare un appuntamento spinte dal desiderio di volersi sentire e vedere migliori di quel che sono.

É stato così che più di 10 anni fa, ormai, le "Beauty Guru" di YouTube, italiane e non, hanno sparso il verbo. Con i loro video tutorial e i loro contenuti hanno creato l'iconografia attuale del Make Up Artist, facendo conoscere ai più una professione relegata allo spettacolo e insinuando nelle persone "comuni" il desiderio di avere a che fare con una figura professionale specializzata in Face Design, in consulenza di immagine, teoria del colore e trucco correttivo morfologico.

Professione Make Up Artist - Beauty Guru YouTube Andreaschoice
Andreaschoice, una delle prime Beauty Guru su YouTube


"Perchè non diventare Make Up Artist?" è una domanda che ci siamo fatti tutti prima di cominciare questo percorso e, a causa di una legislazione carente e superficiale sia in ambito formativo, sia in ambito tecnico, ogni truccatore si è trovato poi a scontrarsi con la dura realtà delle cose. 

Quello dei corsi che durano 2 giorni e che rilasciano attestato e, peggio, quello di persone senza alcuna formazione che si propongono come truccatori e svalutano profondamente questo lavoro sono due temi estremamente caldi nel nostro mondo e fanno ribollire il sangue a tanti professionisti che non trovano pace in una continua, stancante, avvilente guerra dei prezzi.
Se da un lato chi si improvvisa si vende a poco, dall'altro i Make Up Artist che hanno costruito la propria identità professionale sulla base di una formazione d'eccellenza si ritrovano a combattere con le obiezioni delle clienti comuni che "per un po' di trucco" vorrebbero pagare meno possibile. Complice la situazione legislativa che non ci inquadra in modo univoco e non regolamenta nulla, la vita di un Make Up Artist oggi è decisamente complicata, tra il lavoro costante per far riconoscere il valore di questo mestiere da un lato e il costante paragone con sfavillanti content creator sui social dall'altro.

Come se non bastasse, la piaga del TF e dei lavori professionali non retribuiti è ormai dilagante. Flotte di neofiti che si propongo gratis per una presunta gavetta, sfruttati e senza retribuzione in cambio di una presunta visibilità.


Del mito che il "truccatore non esiste" e il problema ATECO

Una domanda ricorrente nella nostra Community di Professione Make Up Artist riguarda l'apertura della partita iva per poter offrire il nostro servizio "alla luce del sole", protetti da eventuali ritorsioni da parte di concorrenti.

Professione Make Up Artist - Partita IVA


La risposta media di un commercialista è che non esiste la figura ateco di Make Up Artistnon si può svolgere questa professione se non si è estetista, ma come hanno potuto lavorare i truccatori professionisti, allora, fin adesso?

Quello del "truccatore che non esiste" è un mito decisamente diffuso, alimentato dalla contraddittorietà delle leggi attuali che affermano che:
  • Se lavori con il privato (cliente tipo: signora Pina che si va a fare le vasche in centro) devi avere qualifica d'estetista (legge 1/1990) con una formazione triennale legalmente riconosciuta;
  • Se lavori nello spettacolo (cliente tipo: modella o attrice professionista che con la sua faccia ci lavora e probabilmente per questo è più attenta alla professionalità di chi le mette le mani in faccia) puoi inquadrarti nei servizi per lo spettacolo, categoria per cui non è necessaria alcuna qualifica;
  • Se vendi prodotti, sei libero di fare tutte le dimostrazioni che vuoi e di farti pagare per il tempo dedicato alla dimostrazione (D.Lgs 114/1998).
Quello del Make Up Artist è un mestiere che ad oggi viene riconosciuto ancora solo nell'ambito tecnico, quindi nei Servizi per lo Spettacolo. Il problema è che dalla legge 1/1990 che regolamenta i servizi di bellezza al privato, all'odierno 2023 ne è passata di acqua sotto i ponti (come anche 33 anni! ndR) e le esigenze di offerta e domanda in questo periodo sono profondamente cambiate e c'è l'urgenza di creare una regolamentazione più attuale, applicabile dai professionisti di oggi.

Perchè questo non accade? Perchè le leggi non si modernizzano?
Se vediamo oggettivamente la situazione del truccatore oggi, possiamo evincere che la richiesta da parte del privato di farsi truccare da un MUA specializzato è decisamente attuale. Applicando, poi, prodotti che hanno una pericolosità pari quasi allo zero, poichè vincolati e tutelati dalla legge 1223/2009, l'urgenza di riconoscere legalmente la figura del Make Up Artist è praticamente un codice bianco. 

La legge 1223/2009 definisce legalmente le caratteristiche dei cosmetici in libera vendita, cosmetici quindi anche in libero acquisto: ovvero che chiunque può acquistare e applicare autonomamente, per cui non è prevista, nè necessaria una ricetta medica, prodotti le cui caratteristiche principali sono la temporaneità e la facilità di rimozione con sola acqua e sapone e NON tramite l'utilizzo di solventi chimici specifici, lime, frese oppure forbici (per la cui applicazione si rende necessaria la qualifica in estetica). 

Se pensiamo che il trucco e i prodotti make up tutti nascono al puro ed esclusivo scopo di rimanere esterni e di non penetrare lo strato corneo, di non influire, nè interagire con l'epidermide, allora il rischio effettivo si riduce davvero a percentuali statistiche in cui influiscono solo casi eccezionali di allergie o di rush cutanei legati a problemi igienici e di conservazione del prodotto (che si riscontrano comunque più spesso nei tester in profumeria e nel commercio piuttosto che nel kit di un Make Up Artist professionista in cui decisamente non si ha la libertà di metterci la mano o di starnutirci sopra). 

Così il Make Up Artist ha la possibilità di aprire partita iva con i codici ateco di: servizi per lo spettacolo, servizi alla persona e consulenza di immagine. Sperando che l'UE adotti l'esempio inglese quanto prima.


Professione Make Up Artist - Partita Iva

L'ingenuità dei Make Up Artist è il motivo per cui non siamo riconosciuti

L'ondata di novità e il desiderio di affidarsi alle mani sapienti di un truccatore professionista è, come detto in precedenza, abbastanza recente. Il truccatore oggi si trova a proporsi in un mondo in cui la concorrenza appare spietata e più che mai c'è la necessità di offrire un servizio migliore, formulando la proposta più affascinante possibile agli occhi della potenziale cliente. Il Make Up Artist oggi si ritrova impelagato in un confronto costante con i potenziali concorrenti sui social, decidendo di rimando di promuovere la propria attività nel modo più ovvio (e ingenuo) possibile: scontando i propri servizi e accettando lavori non pagati per pura insicurezza. 

I neofiti che hanno concluso da poco un percorso di formazione spesso devono fare i conti con il non sentirsi all'altezza di farsi pagare.
Questa insicurezza fa si che nel neo-truccatore si insinui la necessità di dover fare esperienza e spesso si è disposti a farla a qualunque costo e senza retribuzione.
Questo atteggiamento è comprensibilissimo: chi ha anni di esperienza potrà confermare che la sicurezza è data dalla capacità di fare problem solving sulla cliente, una capacità che nasce dall'aver fatto un percorso di formazione di elevata qualità (che abbia fornito i giusti mezzi e le giuste competenze per risolvere le diverse problematiche che si affrontano sulle cliente) e aver fatto, appunto, esperienza sul campo. Se questa insicurezza, quindi, nasce dall'avere una formazione superficiale è il caso di formarsi in modo qualitativamente più alto, perchè da un'Accademia di formazione professionale, si dovrebbe uscire con delle competenze consolidate.
Spesso, però, questa insicurezza è prettamente caratteriale e personale e si pensa, erronamente, di non essere all'altezza della situazione, accettando lavori non retribuiti e qui basterà chiedersi se effettivamente si sa truccare (e quindi si merita un compenso) oppure no.

L'urgenza di pubblicare costantemente contenuti sui social fa puntare, poi, inevitabilmente, alla quantità di contenuti per inseguire l'unicorno degli algoritmi, piuttosto che puntare alla loro qualità, spesso improvvisando e senza mai tenere veramente a mente le esigenze del cliente. Si accettano TF per avere contenuti da pubblicare, con il risultato di essere sfruttati o di ottenere delle foto che come Portfolio non valgono nulla.

Si pubblica per i like.
Si pubblica perchè si desidera essere conosciuti.
Si pubblica per ottenere feedback, commenti e apprezzamenti online. 
Sei lì a pensare a cosa dire nel tuo prossimo reel di 30 secondi o nel tuo prossimo tutorial sui social sperando che qualcuno avrà poi voglia di acquistare i tuoi servizi, ma quella telefonata che aspetti non arriva.



Il futuro della professione di Make Up Artist: la creazione dell'identità professionale per rendere quello del truccatore un lavoro vero

Di like non si campa: le vanity metrics fanno indubbiamente piacere, ma non portano la pagnotta a casa. Bisogna avere un piano di costruzione e crescita della propria attività: nessun professionista improvvisa, mai.

Immedesimati nel potenziale cliente: se devi comprare qualcosa, non metti like, ma chiami per informazioni. Se non ti è chiaro il valore di ciò che vuoi acquistare oppure ti rendi conto che quel qualcosa che ti interessava il valore non ce l'ha, vai altrove. 
Investire le proprie energie nella pubblicazione di contenuti che non portano alcun risultato crea quell'altro falso mito che di trucco non si campa e questo non diventerà mai un "lavoro vero".

La cliente va altrove quando non si espone correttamente il servizio che le si offre.
La cliente va altrove quando non percepisce alcun valore in ciò che le stiamo proponendo.
La cliente va altrove quando non nota differenze con altri, allora opterà per chi costa meno.
La cliente va altrove quando non trova ciò che sta cercando.
La cliente va altrove quando il professionista con cui sta parlando non le dimostra di meritare la sua fiducia, non si dimostra competente e non si dimostra una figura autoritaria nel suo settore.
La cliente va altrove perchè il professionista non è altro che una figura astratta dietro allo schermo di uno smartphone, di un tablet o di un pc, una bella galleria di immagini con hashtag #makeup come ce ne sono miliardi sui social e non una persona reale.

Come può diventare un lavoro vero, se non ci si muove nella vita reale?
Più che investire le tue energie nella creazione di contenuti per i social, dovresti investirle e porre tutta la concentrazione di cui sei capace nella creazione della tua identità professionale.

L'identità professionale deve avere delle caratteristiche molto specifiche:
  • Deve trasmettere fiducia
  • Deve essere collegata all'idea di grande affidabilità e serietà
  • Deve trasmettere competenze
  • Deve trasmettere messaggi chiari su chi sei e come lavori
  • Deve essere la soluzione ai problemi della cliente
  • Deve essere quanto più reale e pragmatica (e non un account sui social)
  • Deve essere vantaggiosa (che significa che il servizio che offri deve apparire come di valore, non necessariamente a buon mercato, ovvero che deve valere più dei soldi che le stai chiedendo)

Andresti a comprare una torta da una pasticcera online? Non credo.
Credo che vorresti vedere una pasticceria, che ti aspetteresti che abbia qualche attrezzatura in più del forno di casa sua. Ti aspetti che questa pasticcera dia modo al suo talento di essere veicolato su opportunità reali di vendita come una partita iva, una location fisica, in cui offrire servizi e prodotti reali. Vorresti vedere di persona ed essere allettato dalla bellezza di ciò che vedi, che ti convinca infine a provare. Vorresti una pasticceria che ti offra una scelta tra diversi pasticcini (quindi prodotti collegati tra loro, nel nostro caso servizi collegati tra loro: trucco, acconciatura, consulenza di immagine, specializzazioni varie che ti rendono unico sul mercato).

Aprire partita iva e/o uno studio è senza ombra di dubbio un investimento.
Ma per quale motivo la cliente dovrebbe investire in te, se il primo a non farlo sei proprio tu?


Articolo a cura di Michela Zitoli


Michela Zitoli Make Up Studio

Michela Zitoli, classe 1984, pugliese. Consulente di immagine, Skincare Specialist e Make Up Artist da quasi 15 anni, specializzata in full camouflage su malattie della pelle. Dopo aver lavorato come tecnico di prodotto, formatrice, PR e strategist per diversi brand, nel 2017 fonda www.professionemakeupartist.com e l'Accademia di Trucco Professionale di Modena.

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